Vini rossi d’Italia: il Ciliegiolo

Il fatto che nel nostro Paese venga prodotto vino in tutte le Regioni rappresenta quasi un unicum a livello mondiale. Ma ciò che colpisce di più è la qualità sorprendente di parecchi vitigni, che magari vengono definiti o comunque considerati minori: in genere tale assegnazione di giudizio non ha a che fare con la qualità del prodotto, ma solo perché per ragioni storiche i vitigni in questione non sono mai stati presi in considerazione nel novero delle migliori varietà del nostro Paese. Lo scenario è comunque cambiato da un paio di decenni a questa parte: nel periodo più recente, infatti, abbiamo assistito a una riscoperta delle varietà autoctone e al tempo stesso alla loro valorizzazione. Un trend che a volte si è rivelato un vero e proprio fenomeno di moda, che ha avuto implicazioni degne di nota anche dal punto di vista commerciale. Per averne una conferma è sufficiente pensare alle richieste del mercato attuale per nomi come il Nerello, il Pecorino o la Falanghina.

Una crisi di rigetto?

Forse è eccessivo parlare di una crisi di rigetto per quelle varietà come il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay che fino a una ventina di anni fa erano un punto di riferimento nei wine bar del nostro Paese, ma certo è che il vento oggi sembra spirare da un’altra parte, forse per effetto di quello che per alcuni aspetti può essere ritenuto addirittura un estremismo modaiolo. Non è il caso del Ciliegiolo, che ha tutte le carte in regola per poter essere ritenuto un’eccellenza italiana. Si racconta che questo vitigno sia stato introdotto nel nostro Paese nel 1870: accadde in Toscana, grazie ad alcuni pellegrini che avevano appena affrontato, in Spagna, il pellegrinaggio verso Santiago di Compostela. Non a caso questo vitigno – il cui nome si spiega con il tipico aroma di ciliegia che viene emanato dal vino in età giovanile – è conosciuto anche con il nome di ciliegiolo di Spagna. In passato, diversi esperti hanno parlato di una sinonimia con l’aleatico della Toscana, ma tale ipotesi è stata smentita. In altre circostanze, sono stati effettuati paragoni con vitigni dell’Italia centrale come il Sangiovese.

Il ciliegiolo e l’aglianicone

Solo di recente, più o meno una ventina di anni fa, una ricerca di alcuni ampelografi ha permesso di scoprire che il ciliegiolo è lo stesso vitigno dell’aglianicone. Si può parlare, pertanto, di una relazione di diretta parentela con il sangiovese, anche se ciò non permette di affermare che l’una varietà sia il frutto dell’autofecondazione dell’altra o viceversa. La ragione è presto detta: non abbiamo abbastanza informazioni per sapere chi sia il genitore. Quel che si può dire con certezza, invece, è che il ciliegiolo abbia dei legami con il montepulciano abruzzese o con l’aglianico.

Il ciliegiolo in Toscana

Il ciliegiolo in Toscana è presente in modo particolare in Maremma, nel Chianti e nella provincia di Lucca. In tali territori si raggiungono, o comunque si sfiorano, i mille ettari vitati solo per questa varietà. Considerando che in tutta Italia non si arriva a 2mila ettari, appare chiara la rilevanza di questa porzione di Toscana per il vitigno in questione. Va detto, comunque, che il ciliegiolo viene coltivato anche in Puglia, in Umbria e in Liguria. A proposito di Liguria, esso è presente nella composizione di Golfo del Tigullio e Colli di Luni, che sono due Doc. Una decina di anni fa in Umbria è stata creata l’Associazione Produttori Ciliegiolo di Narni, grazie all’iniziativa che è stata adottata da alcune aziende del territorio, che insieme raggiungono i venti ettari e che si propongono di vedersi assegnare il riconoscimento della DOC.

La cantina Rascioni e Cecconello e il Ciliegiolo

Il Ciliegiolo è il vino che rappresenta il fiore all’occhiello della cantina Rascioni e Cecconello, come si può verificare visitando il sito web RascionieCecconello.it. Questa azienda, che propone anche un agriturismo ideale per tutti gli amanti del turismo enogastronomico, sin dal 1988 ha stravolto il mondo del Ciliegiolo, che grazie al marchio Rascioni e Cecconello è diventato un emblema della Maremma Toscana. Una produzione biologica e in purezza che ha messo in evidenza il notevole potenziale del vitigno grazie al lavoro che è stato svolto da Vinicia Rascioni e Paolino Cecconello.