Cesto di Natale: cosa non può mancare?
La storia del “cesto natalizio” o, più propriamente, “cesta di Natale”, risale al III-II secolo a.C. Infatti nell’Antica Roma, in occasione del solstizio d’inverno si organizzavano i Saturnalia (dal 17 al 23 dicembre), feste pagane dedicate al dio Saturno, durante le quali i cittadini praticavano la cosiddetta “Sportula”, ovvero si scambiavano cesti di vimini (appunto “sportule”) pieni di doni e strenne, in particolare cibo (olive, fichi secchi e altri alimenti durevoli) e rametti d’alloro, che simboleggiavano fertilità, fecondità e ricchezza. Lo scopo di questo rito era quello di placare le ire della divinità e ingraziarsela affinché garantisse un buon raccolto l’anno seguente.
Dalla tradizione pagana al Natale cristiano
Con l’avvento del Cristianesimo il culto di Saturno e delle altre divinità pagane fu abbandonato, ma la pratica dello scambio di doni generici (non più solo alimentari) in questo periodo dell’anno si mantenne e fu associata all’immagine dei re Magi e alla tradizione del Natale.
Dopo la Rivoluzione Industriale, la nuova suddivisione della società in ceti e la nascita della borghesia, il “dono culinario” divenne la forma di pagamento e ringraziamento che le famiglie contadine senza denaro a disposizione destinavano ai rappresentanti delle arti e dei mestieri per i loro servigi. Ma la cesta natalizia fu adottata anche dagli industriali, come regalo annuale per i lavoratori.
Il dono per eccellenza del Novecento
Infine, nel corso del Novecento soprattutto dopo gli anni di ristrettezze delle guerre mondiali, l’abitudine di regalare cibo prelibato, ricco e tipico della tradizione italiana si affermò definitivamente, diventando anche un format di marketing. La riscoperta e la valorizzazione recente delle tipicità e delle eccellenze enogastronomiche del Bel Paese ha fatto il resto, tanto che, secondo una ricerca di Coldiretti, nel 2021 gli italiani si sono scambiati 10,7 milioni i cesti natalizi, il 24% in più rispetto allo scorso precedente (probabilmente anche a causa del Covid).
Nuove interpretazioni: tra “necessario” e “gourmet”
Quest’anno, anche a causa dell’aumento generalizzato dei prezzi, che non risparmia neppure il settore alimentare, l’immagine del cesto natalizio sembra andare incontro a una decisa reinterpretazione che potrebbe influenzarne anche il contenuto.
Se c’è chi non rinuncerà ai regali di lusso da portare in tavola, per molti il cesto rappresenterà un aiuto concreto per rendere più leggero il costo del “carrello della spesa”.
Ecco perché le aziende produttrici offrono ai loro clienti la possibilità di personalizzare sempre di più l’assortimento dei cesti acquistati, in base al proprio budget e alle necessità di chi dovrà ricevere il dono.
La proposta tradizionale si rinnova
Dunque oltre ai prodotti classici (panettone, pandoro, torrone, cotechino, lenticchie e conserve gourmet), si assisterà probabilmente a una crescente personalizzazione e polarizzazione dei prodotti contenuti nella strenna: da un lato prodotti di nicchia, molto costosi e non di prima necessità (vini, paté, salse e creme per l’aperitivo, cioccolato), dall’altro beni generalmente considerati di uso comune ma sempre più pesanti per il portafogli degli italiani (farine particolari, legumi, confetture, formaggi stagionati, salumi, caffè, frutta secca a guscio).
Continuare a stupire con gusto si può
Un asso nella manica per chi non vuole rinunciare a mettere nella cesta natalizia un tocco creativo e spensierato, con cui allietare le Feste di chi riceverà il dono, ma senza spendere una fortuna, è il “fai-da-te”.
Sono molte le ricette home made, buone e durevoli, che si possono inserire nella confezione. Un esempio sono i biscotti pan di zenzero e gli altri biscotti di Natale, che a seconda delle tipologie, se conservati in una scatola di latta e protetti dal calore e dall’umidità si mantengono fino a un mese.
Ma si possono preparare anche alcune conserve dolci o salate, che una volta messe sottovuoto, possono durare nella credenza per mesi. Tra le più in linea con il periodo, la
salsa al caramello salato, ma anche le diverse salse e le declinazioni del pesto alla genovese, che lo trasformano da condimento per la pasta a farcitura per tartine e amouse bouche da servire come antipasti di Natale o antipasti di Capodanno.